Verde Urbano: Necessario ritorno alle origini!

“In ogni passeggiata nella natura l’uomo riceve molto più di ciò che cerca”
(John Miur, ingegnere e naturalista statunitense)

Quando pensiamo alla Natura ci viene subito in mente un paesaggio incontaminato, qualcosa da ricercare nel fine settimana, un posto dove andare, una meta da raggiungere. Ma non è stato sempre così, c’è stato un periodo (e non parlo di quando l’uomo era un primato non evoluto)  in cui l’uomo,  già all’apice della sua evoluzione, riuscì a concepire strutture urbane dove l’avanzamento industriale era in equilibrio simbiotico con la naturalità del paesaggio.
Alla fine dell’Ottocento, nuove condizioni sociali ed economiche del paese videro da una parte il declino delle ville sontuose adornate da giardini patrizi e dall’altra una crescita urbana esponenziale, dovuta ad un rapidissimo aumento della popolazione.

A seguito dell’industrializzazione, e del conseguente fenomeno di trasferimento della popolazione dalla campagna alla città, vennero elaborati i primi modelli urbanistici e pensati i primi metodi di inserimento capillare della componente naturale nella progettazione dei nuovi insediamenti urbani.


Fig.1 – Esempio di Città Giardino (Milano)

 

Oggi il verde urbano contribuisce profondamente a mitigare le condizioni ambientali delle nostre città, in quanto gli alberi: ripuliscono l’aria fornendo ossigeno e diminuendo i quantitativi di anidride carbonica presente in atmosfera, ci regalano ombra favorendo anche la componente di vita sociale e di fruizione degli spazi aperti, migliorano l’estetica e la bellezza della città e delle infrastrutture viarie.
Con indagini specifiche è stato dimostrato come un’alberatura possa abbassare la temperatura delle strade di circa 3-5 °C. Con riferimento all’Italia è stato stimato che un aumento del 10% della superficie adibita a verde determinerebbe in alcune città italiane un abbassamento di circa 2°C della temperatura dell’aria, con un risparmio energetico (e quindi economico) pari all’8-11%.
Inoltre, qualche anno fa, l’Accademia dei Georgofili di Firenze ha presentato alcuni studi che dimostrano il potere deterrente degli alberi nei confronti della microcriminalità, mentre una ricerca realizzata a Londra ha dimostrato che nei quartieri nei quali la densità delle piante ad alto fusto è più alta, il ricorso ai farmaci antidepressivi scende del 20 per cento.
Queste analisi nascono da un principio scientifico fondamentale: il fogliame degli alberi, rilascia in atmosfera sostanze volatili chiamate monoterpeni, che influiscono positivamente sul nostro sistema immunitario.

Fig.1 – analisi urbana effettuata dallo studio tecnico geopiano

 

In Italia, la regolamentazione e l’attività urbanistica introdotta dagli standard urbanistici tende a ridurre ad un mero e astratto rapporto tra la quantità di aree da destinare a servizi e quelle da destinare ad edificazioni per insediamenti (abitativi, commerciali, industriali ecc).
E’ con l’introduzione della Convenzione Europea del Paesaggio che si delineano i processi e l’importanza della pianificazione di spazi verdi, accuratamente scelti, analizzate le componenti a contorno e valutati gli aspetti anche discrezionali del pianificatore. Nella Fig. 2 viene riportato l’analisi realizzata dallo Studio Tecnico Geopiano (http://www.facebook.com/studiotecnicogeopiano)sul Comune di Massafra, città nella provincia di Taranto con assenza di adeguato Piano Urbanistico Generale e regolamentata ancora da P.di.F (Programma di Fabbricazione, datato 1973).
Nella figura si sovrappongono gli strati informativi relativi all’urbanizzazione del parco Edilizio (in grigio) e le aree adibite a verde pubblico, attrezzate in diversa maniera (raffigurate in verde).
Nella realizzazione della mappa non si sono considerate le gravine e i giardini privati.
L’analisi ha dimostrato che la Città di Massafra ha circa 78200 mq (8Ha ca) di spazio destinato a Verde Pubblico, sottolineando il livello di maggiore presenza nei quartieri S.Oronzo e  Belvedere.

Per concludere, nella pianificazione urbana del verde pubblico bisognerebbe focalizzare l’attenzione sulla natura ecologica e sostenibile di esso e non ridurlo ad un mero adempimento legislativo e burocratico. E’ da sottolineare come un incremento  della superficie cementificata, sottratta al verde, provoca un’impermeabilità del suolo all’acqua piovana, con il conseguente aumento del rischio idrogeologico e maggiori difficoltà di deflusso.

 

 

Fiumi nel Tarantino…eppur si muovono!

 

La Provincia di Taranto, estesa per più di un grado di Longitudine, abbraccia 29 comuni e più di 584 500 abitanti. Oggi però non parleremo di tutti i suoi abitanti, o dei comuni bellissimi che abbraccia, né delle magnifiche coltivazioni di Primitivo di Manduria, né dei laboratori di ceramica grottagliesi o dei muli di Martina Franca; No, parleremo di altre bellezze, meno antropiche (ma più antropizzate), meno fruibili e meno conosciute, antiche sedi fluviali, le c.d. Gravine dell’Arco Ionico, quelle che i tecnici (colleghi) conoscono bene nei limiti della vincolistica paesaggistica, vista, ahimè, come limite e non come opportunità.

Ma veniamo a noi, al titolo dell’articolo: Fiumi nel Tarantino!! Quasi come un colpevole, quasi come un’incredibile avvenimento, perché a Taranto i Fiumi ci sono, effimeri, a portate alterne, per l’intero anno senza idrografia superficiale, ma ci sono e si chiamano Gravine.

2Gravina Madonna della Scala, con evidenza di sapping nelle calcareniti (Mastronuzzi, Sansò, 2002)

La genesi delle Gravine, e l’attuale morfologia, è riconducibile alle attività paleogeografiche del territorio murgiano e in generale della piattaforma Appulo – Lucana. Il substrato (la struttura portante) di questi territori è formato dal Calcare di Altamura: roccia sedimentaria micritica (compatta) che a partire dal Cretaceo, tra un Brontosauro e un Velociraptor, iniziò la sua fase di emersione e successiva esposizione a fenomeni carsici di erosione superficiale. Infatti, il Carbonato di Calcio, principale attore e componente del Calcare, è un minerale estremamente resistente se mantenuto asciutto, ma la sua elevata solubilità in acqua lo rende estremamente soggetto a fenomeni di erosione per agenti esogeni (acqua soprattutto). E’ nel Pleistocene medio – superiore, tra un Mammut e un Uomo di Neanderthal, che si intravede la formazione dei primi corsi fluviali e la successiva erosione in profondi solchi di incisione, come oggi ci appaiono le Gravine.

Le numerose cavità naturali di origine carsica, accompagnate dalla facilità di lavorazione della roccia tenera calcarea, ha contribuito all’insediamento dei primi nuclei abitativi da parte dell’uomo, che già da epoca preistorica e protostorica trovarono in esse luoghi di naturale rifugio. Il massimo sviluppo dell’antropizzazione si ebbe nel Medio Evo con l’espansione della civiltà rupestre (Fonseca, 1970, 1980). Non mi soffermerò molto sull’utilizzo delle grotte in Gravina da parte dell’uomo, rimandando il lettore ad approfonditi testi realizzati da esperti del settore.

3Rilievo fotogrammetrico della Chiesa Rupestre “Madonna della Greca” a ridosso della Gravina Madonna della Scala (Caponio, 2017)

Le Gravine più importanti presenti nell’area di studio sono:

  • Gravina di Laterza (Laterza)
  • Gravina di Varco (Laterza)
  • Gravina del Porto (Castellaneta)
  • Gravina di Giacoia (Castellaneta)
  • Gravina di Ginosa (Ginosa)
  • Gravina di Forcella (Palagianello)
  • Gravina di Petruscio (Mottola)
  • Gravina di Colombato (Massafra)
  • Gravina di Monte Sant’Elia (Massafra)
  • Gravina Madonna della Scala (Massafra)
  • Gravina di San Marco (Massafra)
  • Gravina di Triglio (Crispiano)
  • Gravina di Gennarini (Taranto)
  • Gravina di Riggio (Grottaglie)
1Apparato di Gravine nella porzione occidentale della Provincia di Taranto (P.P.T.R.)

Grazie alla loro enorme capienza ed alle sezioni trasversali davvero grandi, le Gravine, possono trasmettere, ad un primo sguardo, una sensazione di relativa tranquillità, quasi mai si penserebbe ad un’esondazione o ad episodi alluvionali.

In realtà, costituendo le principali vie di deflusso delle acque meteoriche dall’entroterra murgiano alla costa, nel loro sviluppo longitudinale, nelle porzioni  dove la pendenza incontra la piana, si libera, in eventi piovosi di medio-alta portata, un quantitativo di acqua di deflusso enorme, che incontra spesso infrastrutture (strade, complessi urbanizzati) realizzate in posizione ortogonale alla naturale via di deflusso, che creano quindi inevitabili azioni di sbarramento e innescano esondazioni e alluvioni.

Tali fenomeni sono testimoniati dagli eventi alluvionali del 1966 nel centro abitato di Crispiano, 1995-96 ancora a Crispiano, il 18 e il 19 dicembre 1995 a Francavilla Fontana e Manduria, Ginosa  e intera provincia ionica occidentale nell’inverno del 1996.

L’8 settembre 2003 la provincia di Taranto, ed in particolare i Comuni di Castellaneta, Palagiano, Palagianello, Massafra e diverse località balneari ioniche furono nuovamente colpite da intense piogge, provocando vittime e ingenti danni a coltivazioni ed abitazioni. In tale occasione i solchi gravinali divennero veri e propri fiumi in piena allagando strutture viarie e centri urbani (Parise, 2007)

Per la conformazione strutturale, l’accentuata acclività dei versanti e la presenza numerosa di cavità naturali, le Gravine sono soggette ad un altro tipo di pericolosità naturale, le frane!

L’attività franosa maggiormente identificabile avviene per crollo o per ribaltamento, anche se la prima tipologia è di gran lunga quella più diffusa. L’entità, misurata in volume di roccia distaccata, può variare al variare delle condizioni a contorno (morfologia del pendio), minimi eventi franosi registrati vanno da pochi dm³ fino a centinaia di m³.

Per concludere, dall’analisi effettuata, e dall’approfondimento di studi nel settore si evince come l’uomo, nei panni di fruitore e di legislatore, nella salvaguardia di questo bene paesaggistico, storico – culturale, potrebbe fare di più e soprattutto potrebbe fare meglio, creando un volano dell’economia e del turismo, con la consapevolezza dell’unicità del nostro territorio.